La disperata auto-difesa di Giorgio Magliocca: l’ex sindaco attacca a testa bassa il maresciallo dei carabinieri Raffaele Gallo.

L’ex sindaco di Pignataro Maggiore, Giorgio Magliocca, attacca a testa bassa le forze dell’ordine e i vigili urbani, in particolare il maresciallo dei carabinieri Raffaele Gallo, nel tentativo disperato e inutile di dare la colpa ad altri per la devastazione della villa bunker confiscata al boss Raffaele Ligato. Devastazione perpetrata il 16 ottobre 2003 dalla famiglia Ligato e dai suoi accoliti – dopo il via libera del sindaco Magliocca alla rimozione degli infissi blindati e di quant’altro annotato nel verbale dell’amministratore giudiziario dott. Mauro Mastroianni – alla presenza dei vigili urbani (con il capitano Alberto Parente), dei poliziotti (con il vice questore aggiunto dott. Luigi Del Gaudio, all’epoca dirigente del commissariato di Santa Maria Capua Vetere) e dei carabinieri (con il maresciallo Raffaele Gallo e il capitano Gianluca Ignagni) ivi comandati di servizio. È un caso unico al mondo, non solo in Italia, che la criminalità organizzata abbia devastato un bene confiscato dalla magistratura, e quindi di proprietà dello Stato, alla presenza delle forze dell’ordine e con il placet di un sindaco. E la tragedia della sconfitta delle Istituzioni a Pignataro Maggiore è stata sottolineata con grande amarezza e con estrema e sacrosanta durezza dal valoroso pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, dott. Giovanni Conzo, nella requisitoria del 20 dicembre 2011 con la quale ha chiesto la condanna a sette anni e sei mesi di carcere per l’ex sindaco Giorgio Magliocca, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa e di omissione di atti d’ufficio con l’aggravante camorristica (sentenza prevista il 20 febbraio 2012, nel processo con rito abbreviato davanti al giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, dott. Eduardo De Gregorio).

Ma perché Giorgio Magliocca si scaglia soprattutto contro il maresciallo Raffaele Gallo, vice comandante della Stazione carabinieri di Pignataro Maggiore, e non se l’è presa con il capitano dei carabinieri Gianluca Ignagni (all’epoca comandante della Compagnia di Capua) e il commissario della Polizia di Stato, dott. Luigi Del Gaudio? La risposta è nelle carte del procedimento penale a carico dello stesso ex sindaco: con una annotazione di polizia giudiziaria, il maresciallo Raffaele Gallo fornisce un granitico riscontro alla relazione di servizio del comandante dei vigili urbani Alberto Parente, documenti che inchiodano Giorgio Magliocca alle sue gravissime responsabilità.
Si tratta di documenti agghiaccianti. In data 17 ottobre 2003, il capitano della alberto parente.jpgPolizia locale Alberto Parente – che il giorno prima, era sul posto con altri due vigili urbani, Francesco Bovenzi e Pietro Del Vecchio – verbalizza che il 16 ottobre 2003, “durante la fase di controllo delle operazioni di ritiro di beni ancora giacenti presso il fabbricato ex proprietà Ligato Raffaele, via del Conte” veniva constatato “che gli operai incaricati dallo stesso Ligato volevano procedere al ritiro degli infissi esterni all’immobile”. A questo punto il capitano Parente “sospendeva le operazioni di ritiro e, lasciato sul posto alcuni componenti della locale Stazione carabinieri tra cui il maresciallo Gallo Raffaele, si portava presso la sede municipale ove chiedeva disposizioni al sig. sindaco circa l’eventuale ritiro degli infissi esterni con presumibili danni all’immobile, derivanti dall’asportazione degli stessi. Il sindaco, nel proprio ufficio, alla presenza del commissario di P. S. dott. Del Gaudio Luigi, disponeva che gli infissi potevano essere rimossi, perché riportati nell’elenco contenente i beni da ritirare, redatto personalmente dal custode giudiziario. Poco dopo presso il citato fabbricato il dott. Del Gaudio Luigi, alla presenza dei citati operatori di vigilanza e personale dei carabinieri, riferiva che il sindaco aveva disposto favorevolmente per la rimozione”. Da quel momento, anche per effetto della annotazione di servizio del capitano Alberto Parente, Giorgio Magliocca poteva ben aspettarsi che per lui si preparavano le manette, poi finalmente e giustamente arrivate l’11 marzo 2011. Un’annotazione, quella del comandante dei vigili urbani, che peraltro chiamava in causa la testimonianza del responsabile delle operazioni di servizio, su delega del questore, il commissario della Polizia di Stato Luigi Del Gaudio.
Il maresciallo Raffaele Gallo conferma in pieno, in data 12 maggio 2007, il racconto del capitano Alberto Parente. “Tale rimozione – si legge nella informativa del vice comandante della Stazione carabinieri di Pignataro Maggiore – veniva eseguita e nel corso della stessa lo stabile riportava ingenti danni in quanto gli infissi erano blindati, notevolmente pesanti e saldamente infissi nella struttura dell’immobile”. I camorristi – avuto il via libera del sindaco – giorgio magliocca.jpgdistruggono tutto, riducono la villa bunker ad un rudere inservibile. Poi, la descrizione della resa dello Stato di fronte alla camorra: “Si rappresenta inoltre – scrive ancora il maresciallo Raffaele Gallo – che lo scrivente in tale giorno non ha posto in essere alcuna iniziativa affinché i lavori non proseguissero in quanto, come già detto, era impiegato in servizio di ordine pubblico sotto la direzione del vice questore aggiunto Luigi Del Gaudio che una volta ritornato dalla casa comunale, dopo aver comunicato con il sindaco e con il comandante della locale Polizia municipale, riferiva agli astanti che i lavori potevano proseguire perché vi era regolare autorizzazione del sindaco, titolare del procedimento ed anche perché i beni ancora da asportare erano riportati nell’elenco contenente i beni da ritirare, redatto personalmente dal custode giudiziario”. Sentito dai carabinieri di Pignataro Maggiore in data 12 maggio 2007, l’amministratore giudiziario Mauro Mastroianni fa mettere a verbale che potevano essere consegnati alla famiglia Ligato – come è ovvio – “esclusivamente i beni non facenti parte della struttura dell’immobile”, come ad esempio “la cuccia e le bottiglie di pomodoro”.
Inchiodato dalla relazione di servizio del maresciallo Raffaele Gallo, che conferma l’informativa del comandante dei vigili urbani, Giorgio Magliocca tenta la mossa disperata, attaccando l’Arma dei carabinieri. In una memoria difensiva inoltrata il 21 marzo 2011 al giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Napoli, dott.ssa Antonella Terzi, Giorgio Magliocca sostiene, tra l’altro, sulla devastazione della villa bunker ex Ligato: “Non denunciai quello scempio perché semplicemente avrei dovuto denunciare anche i carabinieri, poliziotti e vigili presenti alle operazioni. Oggi, a conti fatti, dico che forse era meglio querelarli. Soltanto se considero la macchinosità con la quale il maresciallo Gallo ha voluto giustificare le omissioni compiute quel giorno anche in considerazione delle modalità con le quali furono asportate le finestre e che ho raccontato in fase di interrogatorio”. E infatti nell’interrogatorio dell’11 marzo 2011, giorno dell’arresto, davanti al Gip Antonella Terzi, Giorgio Magliocca dimostra di sapere che cosa era veramente accaduto alla villa bunker di via del Conte il 16 ottobre 2003. L’interrogatorio è drammatico, Magliocca è disperato, la dott.ssa Antonella Terzi severa, precisa e incalzante. Secondo il Gip, a ragione, l’elenco dei beni redatto dal custode giudiziario, “era carta straccia, lei è laureato in giurisprudenza, abbia pazienza (…) se avesse scritto che si poteva demolire la villa, lei la faceva demolire?”. Magliocca: “No. Al di là degli infissi (…) i carabinieri, i poliziotti, i vigili urbani, tutti quelli che erano presenti hanno consentito di togliere i water… ”. Il Gip: “Questo è un altro discorso. Parliamo di quello che ha consentito lei (…). Guardi lei in quel momento era il proprietario di quella villa, quindi lei doveva avere la passione che ha un proprietario privato, perché in quel momento quella villa era sua, era dello Stato. E lei ha consentito che si riducesse in quel modo”. Magliocca: “(…) Dottoressa, il danno all’immobile lo sapete dove succede, succede perché questi hanno preso i picconi, lei deve venire a vedere la villa, hanno preso i picconi e davanti ai carabinieri hanno alzato il pavimento, mica l’ho consentito questo. Con i martelli hanno fatto i buchi all’interno del muro, i muri non maestri li hanno sfondati da una parte all’altra davanti ai carabinieri, che c’entro io in questa cosa. C’entro soltanto attraverso questi quattro infissi, dove io mi immaginavo, voglio anche ammettere che sono stato uno stronzo, scusi l’espressione, a consentire questa cosa, però immagino che si devono togliere quattro infissi, si opera attraverso una vite, un cacciavite, no, lo sapete come è successa l’operazione che poi mi è stata raccontata, davanti sempre ai carabinieri, i poliziotti e i vigili urbani, mi ascolti per favore, attraverso una fune attaccata a un camion che tirava, tirava gli infissi, li sradicava da dentro il muro, davanti ai carabinieri è successo questo, e io sono il responsabile”. Il Gip Antonella Terzi: “Il maresciallo Gallo dice:’Io mi sono allarmato perché togliere gli infissi significava demolire…’”. Magliocca attacca Gallo: “L’ha detto nel 2007, nel momento in cui si sono messi tutti quanti contro”. Il Gip: “(…) Ci sono le relazioni di servizio nei giorni in cui avviene la rimozione di questi infissi e dicono la stessa cosa”.
Insomma, è chiaro il motivo per il quale Giorgio Magliocca si scaglia contro il Pignataro Maggiore, Municipio.jpgmaresciallo Raffaele Gallo. Perché – come si è detto – Gallo conferma la annotazione di servizio del comandante dei vigili urbani. Non resta, per ora, che dare un’ultima notizia ai nostri (pochi) lettori: i nomi di coloro che prelevarono i beni alla villa bunker di via del Conte, in quel tremendo 16 ottobre 2003, nell’immobile che era stato sgomberato (tardivamente, ugualmente con grave responsabilità di Giorgio Magliocca) il 26 agosto 2003. Ecco i nomi elencati dal comandante della Stazione carabinieri di Pignataro Maggiore, come li leggiamo in un’informativa inviata alla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere dal comandante, maresciallo Antonio di Siena. Si tratta del boss Raffaele Ligato e di tutti i componenti della famiglia, con l’ausilio di Raffaele Lubrano (defunto fratello della moglie di Ligato, Maria Giuseppa Lubrano), Giuseppe Cerullo, Maurizio Mauro, Romeo Hisa, albanese, tutti residenti in Pignataro Maggiore, e di tre persone residenti a Cesa, Antonio Marrandino, Antonio Staiano e Cesario Marrandino. In più, “altri loro conoscenti. I suddetti venivano identificati da personale di questo Comando nel corso delle operazioni”.
Una considerazione, per concludere, che ci viene ispirata dal fatto che da sempre seguiamo le vicende della politica. Per quanto riguarda i cortei – come tutti sanno – se i manifestanti danneggiano un edificio, una banca, un qualsiasi ufficio pubblico, le forze dell’ordine intervengono e – giustamente, a norma di legge – li arrestano in flagranza di reato per devastazione e per gli altri reati ravvisabili. Quel 16 ottobre 2003, quando i Ligato e i loro accoliti stavano distruggendo – con il via libera del sindaco Giorgio Magliocca – la villa bunker, ormai da tempo confiscata e diventata di proprietà dello Stato, perché le forze dell’ordine non li hanno arrestati tutti (Magliocca compreso) in flagranza di reato con l’accusa di devastazione o per altri reati configurabili con l’aggravante camorristica e portati in carcere?

Rosa Parchi

La disperata auto-difesa di Giorgio Magliocca: l’ex sindaco attacca a testa bassa il maresciallo dei carabinieri Raffaele Gallo.ultima modifica: 2012-01-17T18:22:00+01:00da davidema2
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