Camorra: il pm chiede 7 anni e 6 mesi di reclusione per l’ex consulente d’oro di Alemanno. Ora riflettori puntati anche su Roma.

Il valoroso pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, dott. Giovanni Conzo, ha chiesto la condanna a sette anni e sei mesi di reclusione per Giorgio Magliocca, super-pagato ex consulente d’oro del sindaco di Roma Gianni Alemanno. La richiesta del pubblico ministero è arrivata al termine di una lunga, articolata, complessa e intelligente requisitoria (una autentica lezione di scienza investigativa) pronunciata in data 20 dicembre 2011 davanti al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, dott. Eduardo De Gregorio, nel processo con rito abbreviato nato dall’inchiesta a carico di Giorgio Magliocca per concorso esterno in associazione mafiosa e omissione di atti d’ufficio con l’aggravante camorristica. Giorgio Magliocca (Pdl, ex An), ex sindaco di Pignataro Maggiore, in provincia di Caserta, ed ex consigliere provinciale, è accusato di aver stipulato uno scellerato patto politico-criminale già nel 2001 con il potente e sanguinario boss mafioso Raffaele Lubrano detto Lello (ucciso in un agguato il 14 novembre 2002) e di aver consentito alla cosca Lubrano-Ligato di continuare a gestire i beni sottratti (solo formalmente) alla camorra, non impedendo che gli stessi immobili confiscati fossero devastati dalla criminalità organizzata al fine di impedirne il riuso a scopi sociali e di ripristino della legalità.

La severa richiesta ad opera del pubblico ministero (uno dei alemanno3.jpgmagistrati di punta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli), considerando che una condanna a sette anni e sei mesi con il rito abbreviato – che prevede la riduzione di un terzo della pena – corrisponderebbe in un giudizio con il rito ordinario a 11 anni e 3 mesi di reclusione, è motivata dalla inquietante personalità di Giorgio Magliocca, dalla sua pericolosità sociale, dalla spiccata propensione a delinquere, dal pervicace favoreggiamento della cosca-Lubrano-Ligato e dalla contestuale messa in opera di iniziative anticamorra di facciata – come ha ricordato il dott. Giovanni Conzo – anche strumentalizzando esponenti della benemerita associazione “Libera” di don Luigi Ciotti per sviare i sospetti sul proprio operato e per delegittimare quanti (come alcuni giornalisti) accusavano Magliocca di essere colluso con le consorterie mafiose.

Il pubblico ministero ha indicato Giorgio Magliocca come uno dei casi più eclatanti di favoreggiamento della camorra ad opera di esponenti politici, pur tenendo presente lo spettacolo complessivamente sconfortante dell’intera provincia di Caserta. Ora ci si chiede come sia stato possibile far entrare nella stanza dei bottoni del Comune di Roma quale pagatissimo dirigente, senza concorso, un personaggio del genere, Giorgio Magliocca, poi arrestato in data 11 marzo 2011, sul quale inchieste giornalistiche (opera del giornalista Enzo Palmesano), avevano già detto tutto, in materia di collusioni mafiose e di scandalo dei beni confiscati, già dieci anni fa, pluri-indagato anche per altri fatti, sindaco di una città, Pignataro Maggiore, tristemente nota come la “Svizzera dei clan”. Nonostante ciò, all’udienza del 20 dicembre 2011 davanti al Gup di Napoli, il Comune di Roma non ha ritenuto opportuno costituirsi parte civile al fine di chiedere un risarcimento per l’evidente e gravissimo danno di immagine provocato da Giorgio Magliocca. Né, per la verità, hanno ritenuto di doversi costituire parte civile con azione popolare, in nome e per conto del Comune di Roma, considerata l’inerzia dell’Amministrazione Alemanno, esponenti politici dell’opposizione, tanto più che in Campidoglio Giorgio Magliocca pare si occupasse addirittura di beni confiscati alle cosche, a ciò delegato dal sindaco che aveva quindi affidato la pecora al lupo.

Una scelta – quella di Alemanno – ancora più incredibile se si considerano gli stretti legami esistenti tra la romana “Banda della Magliana” e la cosca Lubrano-Ligato di Pignataro Maggiore, tramite i “corleonesi” e i Nuvoletta di Marano di Napoli. Non a caso, per l’omicidio del fratello del giudice Ferdinando Imposimato, colpito perché stava indagando sui rapporti tra la “Banda della Magliana” e “Cosa Nostra”, sono stati condannati il cassiere della mafia a Roma Pippo Calò e i boss di Pignataro Maggiore tra loro imparentati Antonio Abbate (attuale collaboratore di giustizia), il defunto Vincenzo Lubrano (padre di Lello Lubrano, con il quale Magliocca sancì il patto politico-mafioso in vista delle elezioni comunali di Pignataro Maggiore del 2002) e Raffaele Ligato (padre di Pietro Ligato, con il quale Magliocca rinnovò il patto politico-camorristico alla vigilia delle elezioni comunali del 2006). Siamo sicuri che Giorgio Magliocca, a Roma, non si sia occupato di beni confiscati alla “Banda della Magliana” cioè agli alleati dei Lubrano-Nuvoletta-Ligato? Forse la Direzione distrettuale antimafia di Roma, sulla scorta di quanto già accertato dai colleghi della DDA di Napoli, ha già avviato indagini sull’incredibile “caso Magliocca”.

Nell’udienza davanti al Gup del 20 dicembre 2011 si sono invece costituite parti civili l’Amministrazione comunale di Pignataro Maggiore, che si è affidata all’avvocato Pasquale Iovino, del Foro di Santa Maria Capua Vetere, e l’Amministrazione provinciale di Caserta, quest’ultima per effetto della azione popolare esercitata dal cittadino giornalista professionista Enzo Palmesano (stante l’inerzia della Provincia) con l’assistenza dell’avvocato Cesare Amodio, del Foro di Napoli. La prossima udienza di terrà il 25 gennaio 2012 per le richieste delle parti civili; il 20 febbraio 2012 la parola alla difesa di Giorgio Magliocca (avvocato Mauro Iodice, del Foro di Santa Maria Capua Vetere) e quindi la sentenza. (comitato anticamorra)

Camorra: il pm chiede 7 anni e 6 mesi di reclusione per l’ex consulente d’oro di Alemanno. Ora riflettori puntati anche su Roma.ultima modifica: 2011-12-21T12:08:00+01:00da davidema2
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