IL GIP RESPINGE LA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE AVANZATA DAL PM E ORDINA LA PROSECUZIONE DELLE INDAGINI PRELIMINARI A CARICO DI GIANFRANCO FEOLA ACCUSATO DI DIFFAMAZIONE A SEGUITO DI UNA QUERELA DEL GIORNALISTA E SCRITTORE SALVATORE MINIERI

PIGNATARO MAGGIORE – Il GIP del Tribunale di Napoli, dottoressa Maria Laura Ciollaro, ha respinto la richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero, dottor Simone de Roxas, e ha ordinato la prosecuzione delle indagini preliminari a carico di Gianfranco Feola che era stato iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di diffamazione (articolo 595 del Codice penale) a seguito di una querela del giornalista e scrittore Salvatore Minieri. Escono di scena, invece, gli altri due indagati, Antonio D’Ambrosio e Vincenzo Lubrano (figlio di Giuseppe Lubrano) –  difesi rispettivamente dagli avvocati Giancarla De Stavola, con studio legale in Pignataro Maggiore, e Gennaro Lepre del Foro di Napoli – per i quali il giudice delle indagini preliminari ha accolto la richiesta di archiviazione presentata dal Pm.
Adesso il pubblico ministero ha quattro mesi di tempo per svolgere ulteriori indagini sulla posizione di Gianfranco Feola (anch’egli difeso dall’avvocato Giancarla De Stavola del Foro di Santa Maria Capua Vetere) attenendosi alle indicazioni contenute nell’ordinanza del Gip che ha tra l’altro ritenuto utili le attività investigative espressamente elencate dalla parte offesa Salvatore Minieri nella opposizione alla richiesta di archiviazione redatta dallo studio legale Iovino, di Camigliano, e in particolare dall’avvocato Maria Grauso. Secondo il Gip è necessario proseguire le indagini a carico di Gianfranco Feola perché le sue affermazioni “sono astrattamente idonee a ledere la reputazione di Salvatore Minieri”, “giornalista di inchiesta ed impegnato sul fronte della legalità”. Mentre va disposta l’archiviazione per Antonio D’Ambrosio e Vincenzo Lubrano perché secondo il Gip, “non è possibile sostenere l’accusa in giudizio”; il Pm aveva visto nelle espressioni usate degli indagati “una condotta non corretta dal punto di vista morale” ma che “non assurgono ad una pregnanza tale da integrare la fattispecie incriminatrice per cui si procede”.
Oltre che per la fattispecie prevista e punita dall’articolo 595 del Codice penale (diffamazione), Gianfranco Feola, Antonio D’Ambrosio e Vincenzo Lubrano erano stati iscritti nel registro degli indagati pure per il reato di cui all’articolo 371-ter (false dichiarazioni al difensore). Il Gip ha dichiarato inammissibile l’opposizione alla richiesta di archiviazione presentata “dal denunciante in qualità di danneggiato dal reato di false dichiarazioni rese al difensore, in quanto persona offesa da tale reato deve ritenersi esclusivamente lo Stato-collettività”.
Il procedimento penale di cui abbiamo finora parlato è la diretta conseguenza di quanto avvenuto nel corso di un’altra vicenda giudiziaria, un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli a seguito della quale il 16 luglio 2018 il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, dottoressa Emilia Di Palma, aveva condannato in primo grado con il rito abbreviato i fratelli Giuseppe e Gaetano Lubrano (difesi dall’avvocato Gennaro Lepre) per violenza privata con l’aggravante mafiosa rispettivamente alle pene di un anno e quattro mesi e un anno di reclusione. Con la recidiva specifica per Giuseppe Lubrano. Sospensione condizionale della pena per Gaetano Lubrano. Gli imputati (per il Giudice, “non meritevoli della concessione delle attenuanti generiche”) erano stati altresì condannati al pagamento delle spese processuali, al risarcimento del danno in favore della parte civile, da liquidarsi in un separato giudizio, nonché alla refusione delle spese dalla stessa sostenuta in misura di 1.500 Euro. La sentenza illustrava una volta di più in tutta la sua inquietante gravità lo scenario camorristico-mafioso di una famigerata città, Pignataro Maggiore, tristemente conosciuta quale “Svizzera dei clan”.
La richiesta di rinvio a giudizio di Giuseppe e Gaetano Lubrano era stata firmata dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Napoli dottor Fabrizio Vanorio. Parte offesa il giornalista professionista Salvatore Minieri, che si era costituito parte civile con l’assistenza dell’avvocato Maria Grauso, del Foro di Santa Maria Capua Vetere.
I fratelli Giuseppe e Gaetano Lubrano (come è noto, figli del potente e sanguinario defunto capomafia di Pignataro Maggiore, “don” Vincenzo Lubrano), ora in attesa del giudizio d’appello,  sono imputati “per avere – si legge tra l’altro nel capo di imputazione – in concorso e unione tra loro, mediante minacce, compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere Salvatore Minieri, giornalista di cronaca giudiziaria del quotidiano “Gazzetta di Caserta”, a desistere dalla sue inchieste, ingiungendogli di non scrivere più articoli sul loro conto e sulla famiglia Lubrano, alleata della famiglia Ligato nel controllo di stampo camorristico del territorio comunale di Pignataro Maggiore e del circondario dell’Agro caleno, avvalendosi delle condizioni  di intimidazione ed assoggettamento derivanti dal loro notorio legame familiare con la predetta associazione camorristica, non verificandosi l’evento per ragioni non dipendenti dalla loro volontà e in particolare per la resistenza della persona offesa, che denunciava le pressioni”. In data 18 maggio 2010, i fratelli Lubrano avevano avvicinato Salvatore Minieri nei pressi del cimitero di Pignataro Maggiore “intimandogli con tono minaccioso di smetterla di scrivere altri articoli sulla loro famiglia”. Effettivamente – si legge ancora nel capo di imputazione a carico di Giuseppe Lubrano (pregiudicato, “gravato da gravi precedenti e già sorvegliato speciale”) e di Gaetano Lubrano – il giornalista Salvatore Minieri “anche nei giorni precedenti aveva pubblicato una serie di articoli sulla possibili infiltrazioni della criminalità organizzata in zona ASI del paese e sui risalenti legami di alleanza criminale tra i più pericolosi capimafia di Cosa Nostra siciliana e il clan camorrista Lubrano-Nuvoletta”. Negli atti del processo sono confluiti – come si legge nelle motivazioni della sentenza di primo grado –  “numerosi articoli a firma di Salvatore Minieri pubblicati sulla “Gazzetta di Caserta” tra il 2006 e il 2010, dai quali emergeva come il predetto giornalista si era effettivamente occupato di criminalità organizzata, del clan Lubrano-Ligato e dei rapporti con la politica”. Alla luce delle vicende sopra descritte – aveva sottolineato il Giudice dell’udienza preliminare – “sussistono elementi per affermare oltre ogni ragionevole dubbio la penale responsabilità degli odierni imputati. Pienamente credibile appare la persona offesa e la versione dei fatti dalla stessa resa (…). La persona offesa con dichiarazioni estremamente lineari e coerenti, attraverso un narrato genuino e spontaneo – prima nell’immediatezza alle forze dell’ordine e poi ribadendo le medesime circostanze all’Autorità giudiziaria -, assumendosi la responsabilità ed il rischio, in quanto giornalista operante sul territorio, di quanto riferito, forniva un racconto lineare e dai toni mai esacerbati, circostanze queste che inducono a escludere, in mancanza di elementi di segno contrario, intenti calunniatori”.
Agli atti del processo – a iniziativa della difesa degli imputati Giuseppe e Gaetano Lubrano – erano anche comparse delle dichiarazioni “rese da persone indicate come informate sui fatti”, appunto Antonio D’Ambrosio, Gianfranco Feola e Vincenzo Lubrano. Ma per il Giudice dell’udienza preliminare “a fronte, peraltro, dell’assenza di qualsiasi ragione per dubitare della credibilità della persona offesa, generiche e del tutto inconsistenti appaiono le circostanze introdotte dalle indagini difensive (…) introducendo, peraltro, in modo strisciante, giudizi di valore volti a screditare la persona del Minieri”. Una pesante bocciatura per le indagini difensive pro-Lubrano. Subito dopo la parte offesa Salvatore Minieri aveva presentato querela per le affermazioni di Antonio D’Ambrosio, Gianfranco Feola e Vincenzo Lubrano. Ovviamente informeremo i nostri pochi ma affezionati lettori sugli sviluppi relativi alle indagini a carico di Gianfranco Feola (indagato, come si è detto, per diffamazione) e sul processo d’appello che vedrà imputati Giuseppe e Gaetano Lubrano accusati di violenza privata con l’aggravante mafiosa.

Rosa Parchi

IL GIP RESPINGE LA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE AVANZATA DAL PM E ORDINA LA PROSECUZIONE DELLE INDAGINI PRELIMINARI A CARICO DI GIANFRANCO FEOLA ACCUSATO DI DIFFAMAZIONE A SEGUITO DI UNA QUERELA DEL GIORNALISTA E SCRITTORE SALVATORE MINIERIultima modifica: 2020-03-04T16:29:20+01:00da davidema2
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