Un tombarolo “vuota il sacco” delle verità e scopre gli scandali di Carditello e Calvi Risorta: il consorzio di bonifica del Volturno e il sindaco Caparco al centro della bufera.

Nel primo pomeriggio di domenica 8 aprile, l’autorevole giornale on line “Lettera 43” ha pubblicato un’intervista a un ladro di reperti e di oggetti d’arte che ha acceso i riflettori sulla nostra zona e sulla spoliazione sistematica che viene compiuta nei monumenti più belli e preziosi della provincia di Caserta, il tutto con l’inerzia complice e vergognosa di enti gestionali e consorterie di passacarte politici. Il tombarolo intervistato è uno slavo di 71 anni che, lo scorso febbraio è stato coinvolto nel rinvenimento di tesori archeologici dal valore inestimabile; tutti nascosti in un appartamento al centro di Pompei, prima di farli partire verso le città di mezzo mondo dove si nascondono i trafficanti dei pezzi rubati al patrimonio casertano (furti possibili sempre grazie all’incapacità asinina di chi governa i nostri giacimenti di storia). L’intervistato – rimasto anonimo grazie alla copertura del nome immaginario “Ferdinand S.” – ha clamorosamente indicato le zone più devastate dall’attività predatoria della sua organizzazione: la provincia di Caserta con riferimenti specifici a Calvi Risorta e Carditello.

Ecco cosa ha dichiarato nella sua intervista agghiacciante a lettera43.it il ladro d’arte:

D. Quali sono le piazze al Sud d’Italia più frequentate dai tombaroli?
R. Operiamo anche in Puglia, Calabria, Sicilia, nel Casertano, a Capua, a Calvi Risorta. A Boscoreale, nei pressi di Napoli, c’è una famiglia di tombaroli che opera quasi in regime di monopolio. La necropoli di Villa Literno l’abbiamo pian piano svuotata di tutto: nei luoghi in cui quasi tutto è abusivo, diventa più facile trafugare. Dalla Reggia di Carditello, che risale al 1600, i miei colleghi hanno portato via pure gli scalini e le balaustre.
D. Come ci sono riusciti?
R. È stato un lavoro da principianti: l’Ente di bonifica che ha finora gestito quel gioiello non ha previsto sorveglianza. Ora la Reggia è stata messa all’asta, ma è vuota e nessuno la compra.
D. Che fine hanno fatto le sue meraviglie?
R. Ho sentito dire che una parte di quella roba l’avrebbe comprata un tizio di Casal di Principe.

Basta rileggere queste tre risposte di Ferdinand S. per rendersi conto che qualcosa non funziona tra Calvi Risorta e Carditello. In primis, il tombarolo parla apertamente della reggia borbonica di Carditello come di un bene privo di ogni sorveglianza e dell’ente di gestione della reggia, il Consorzio per la Bonifica del Volturno, come di un organismo incapace, che non ha mai previsto una efficace tutela della struttura.

Solo qualche mese fa, a furti e spoliazione ben consumati e a Reggia ormai privata persino dei lampadari, il Consorzio ha impedito a noi giornalisti di entrare nella Reggia di Carditello (lo hanno consentito solo nei giorni a cavallo della visita del ministro Ornaghi e del Governatore Caldoro, giusto per buttare fumo negli occhi). Sapete perché? Perché lo ha espressamente vietato una cooperativa di vigilanza!

Il Consorzio che gestisce il gioiello borbonico, ha prima lasciato che i ladri portassero via tutto e, solo in un secondo momento, ha stipulato un contratto di svariate migliaia di euro con la cooperativa “Lavoro e Giustizia”. Insomma, prima si è lasciato deturpare e denudare in toto la Reggia di Carditello, e poi sono stati impegnati soldi nostri per dare mandato a una cooperativa di vigilanza che si è rifiutata persino di rendere noto alla stampa il ruolino dei turni di sorveglianza per la reggia di Carditello.

L’unica giustificazione sentita è questa: “…parlate con gli uffici (sic!)…” (intervista fatta con telecamera nascosta nel video reportage su Carditello riportato in basso, al minuto 18 e 13 secondi, ndr)

Sì’, ma quali uffici? Quelli del Consorzio non danno risposte e lasciano che un centralino ci intrattenga per interminabili minuti (poi, puntualmente e stranamente, cade la linea). Lo stesso Consorzio ascrive tutte le ragioni del nostro mancato accesso alle volontà del curatore fallimentare della Reale Tenuta di Carditello, il giudice Valerio Colandrea .Lo stesso giudice che qualche mese  fa  – misteriosamente – aveva rigettato la richiesta di sospensiva di vendita all’asta della reggia, avanzata dal ministro del Mibac, Lorenzo Ornaghi.

Per non parlare dei misteriosi –  e privi di ogni risposta umana –  numeri telefonici di Lavoro e Giustizia, cooperativa che, sul suo sito, dice di essere specializzata soprattutto in videosorveglianza, ma sulla Reggia di Carditello non ha attivato nemmeno una telecamera di quelle che, a poche decine di euro, si comprano in un negozio di informatica.

In un servizio di chi scrive, si è portato alla luce l’importo di circa 7000 euro che il Consorzio verserebbe alla cooperativa per controllare una reggia che, ormai, è stata svuotata persino delle mensole e delle maniglie delle porte (notizia mai smentita dal Consorzio stesso!).

Se non fosse stato per il tombarolo-pentito, inoltre, non avremmo mai saputo che la committenza più motivata a mettere le mani sui tesori rubati a Carditello, sarebbe quella della confinante Casal di Principe.

Anzi, pare proprio che la gran parte delle suppellettili reali, rubate quando il Consorzio non aveva ancora sottoscritto un contratto dorato con Lavoro e Giustizia, sia ben conservata nelle stanze di qualche villa casalese, ben protetta dalle immancabili telecamere.

Telecamere, appunto: quelle che nessuno ha mai fatto piazzare intorno a Carditello, pur dichiarandosi esperto in materia di videosorveglianza (Lavoro e Giustizia ha una sede a Caserta e una in Molise – a Macchia d’Isernia – dove svolge prevalentemente attività di controllo tramite sistemi di telecamere a circuito chiuso per prezzi di molto inferiori a quello sottoscritto per “vigilare” sul Real Sito di Carditello).

Per Cavi Risorta, invece, non basterebbe un fiume d’inchiostro. Il sindaco e la sua maggioranza fanno piazzare telecamere ovunque, ma solo una controlla l’accesso alla saccheggiatissima zona archeologica (64 ettari, una sola telecamera!).

Roba da barzellette, come quella che parla di un sindaco, come Antonio Caparco, sputtanato dalle dichiarazioni del tombarolo a lettera43.it: “Dove tutto è abusivo, diventa più facile trafugare”. E il primo cittadino cosa fa? Ma naturale: non si presenta ai convegni che servono a mettere un freno al saccheggio sistematico della zona archeologica calena e si giustifica dicendo che non gradiva il giornalista chiamato a fare da moderatore. Intanto, tombaroli e Casalesi committenti ringraziano, soprattutto per il numero di telecamere attualmente in funzione per sorvegliare i 64 ettari di Calvi romana e i circa 30 di Carditello. Quante? Una sola. Ma paghiamo migliaia di euro tra cooperative di “sicurezza” e Consorzi che dovrebbero bonificare solo le teste di chi li dirige.

Salvatore Minieri

Un tombarolo “vuota il sacco” delle verità e scopre gli scandali di Carditello e Calvi Risorta: il consorzio di bonifica del Volturno e il sindaco Caparco al centro della bufera.ultima modifica: 2012-04-10T18:24:00+02:00da davidema2
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