DIRITTO DI DIFESA GARANTITO DALLA COSTITUZIONE: UN CASO DI RILEVANZA NAZIONALE IN UN PROCESSO A CARICO DEI GIOVANI DEL CENTRO SOCIALE “TEMPO ROSSO” – RIFLETTORI PUNTATI SULLA PRIMA UDIENZA DEL 16 OTTOBRE 2014

PIGNATARO MAGGIORE – Una delicata e interessante disputa giuridica – di rilevantissimo interesse, investendo diritti costituzionalmente garantiti quale è il diritto di difesa – potrebbe trovare ulteriore precisazione nell’udienza del 16 ottobre 2014 di un processo in cui sono imputati militanti del centro sociale “Tempo rosso” di Pignataro Maggiore, finiti incredibilmente alla sbarra per una pacifica manifestazione ambientalista tenutasi a Capua. Della fattispecie in questione relativa al diritto di difesa – ma con riguardo ad altre vicende e ad altri imputati – si sono anche occupati la Corte di Cassazione, prima sezione penale, con sentenza numero 32942 del 3 luglio 2008; il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Termini Imerese che con decisione del 14 dicembre 2011 annullò una richiesta di rinvio a giudizio e dispose la restituzione degli atti al pubblico ministero, non avendo quest’ultimo reiterato l’emissione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, nonostante l’ulteriore attività investigativa avesse comportato una integrazione degli elementi probatori a carico dell’indagato; e la rivista “Giurisprudenza di merito” (Giuffrè Editore) nel febbraio 2013 con un commento di Piero Ricciardi recante il titolo: “La tutela del contraddittorio e le esigenze di completezza delle indagini”. Saggio che pubblichiamo in coda a questo articolo, a beneficio dei pochi ma affezionati lettori di “Pignataro Maggiore News”, riprendendolo dal sito Internet di una delle articolazioni più agguerrite dell’avvocatura a livello nazionale, la Camera Penale di Napoli.

Ecco di che cosa parliamo, cari lettori. In data 20 novembre 2013 veniva notificato a cinque giovani (quattro di Pignataro Maggiore, Massimiliano Palmesano, Dario Palmesano, Chiara Iodice e Ugo Buglione e uno di Calvi Risorta, Elia Di Ianne) l’avviso di conclusione delle indagini preliminari a norma dell’articolo 415 bis del codice di Procedura penale su disposizione del pubblico ministero della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, dottoressa Patrizia Dongiacomo, che li aveva iscritti nel registro degli indagati per il reato previsto e punito dall’articolo 18 del Regio Decreto numero 773 del 1931 (il famigerato decreto liberticida fascista in parte ancora vigente nella sedicente democratica e antifascista Repubblica italiana) “perché in concorso tra loro, senza aver dato avviso al Questore di Caserta almeno tre giorni prima così come prescritto, promuovevano una riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico, che per il luogo in cui veniva tenuta, il numero di persone intervenute, lo scopo e l’oggetto di essa, aveva carattere di riunione non privata”. Si trattava di una tavola rotonda tenutasi a Capua il 19 giugno 2013 contro il disastroso progetto del gassificatore, con la partecipazione di cittadini, militanti ambientalisti, movimento “No Gas”, esponenti del centro sociale “Tempo rosso” di Pignataro Maggiore, sindaci, parlamentari, vari esponenti politici locali.

Il 2 dicembre 2013 il legale dei cinque giovani, l’avvocato Giovanni Merola, depositava una memoria difensiva nella segreteria del Pubblico ministero chiedendo l’archiviazione del procedimento penale in quanto i cinque indagati non erano i promotori o gli organizzatori dell’iniziativa ambientalista, ma semplici partecipanti alla manifestazione (prese la parola, tra gli altri, Massimiliano Palmesano), il che non costituisce reato. Alla memoria difensiva era anche allegata la documentazione riguardante la richiesta di autorizzazione indirizzata al sindaco di Capua a firma del segretario della locale sezione del Partito della Rifondazione comunista, Valerio De Rosa.

Da qui una nuova delega di indagini del Pubblico ministero rivolta il 12 dicembre 2013 al Commissariato della Polizia di Stato di Santa Maria Capua Vetere, da cui era pervenuta la denuncia a carico dei cinque giovani. La risposta arrivava in Procura il 19 dicembre 2013, a firma dell’allora dirigente del Commissariato, dottor Pasquale Trocino, che – a differenza di quanto scritto nella precedente informativa – parlava per la prima volta di un presunto “corteo itinerante” che si sarebbe svolto nell’occasione, rincarando la dose. Accusa, quella del “corteo itinerante”, dalla quale i cinque ambientalisti non si sono potuti difendere – con una nuova memoria difensiva o con una richiesta di essere sottoposti a interrogatorio – in quanto il Pubblico ministero non riteneva di dover notificare agli indagati un nuovo avviso di conclusione delle indagini preliminari a norma dell’articolo 415 bis del codice di Procedura penale, ma decideva di procedere con un decreto di citazione a giudizio notificato l’8 aprile 2014.

La prima udienza, prevista per il 20 giugno 2014, non si tenne per intempestività di una notifica, con il conseguente rinvio al 16 ottobre 2014 davanti al giudice monocratico del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, articolazione territoriale di Caserta, dottoressa Linda Comella. La questione (ripetiamo delicatissima, riguardando il diritto di difesa costituzionalmente garantito) è la seguente: si può celebrare un processo nel quale i cinque imputati dovranno difendersi da un apparato probatorio arricchito strada facendo, nell’informativa del 19 dicembre 2013, dall’allora dirigente del Commissariato della Polizia di Stato, dottor Pasquale Trocino, facendo spuntare un “corteo itinerante” cui non aveva fatto riferimento nella precedente denuncia del 21 giugno 2013? Informativa – quella citata del 19 dicembre 2013 – cui è allegata pure una burocratica annotazione dei vigili urbani di Capua della quale gli imputati hanno avuto conoscenza solo al momento del decreto di citazione a giudizio, non – evidentemente – in occasione della notifica precedente dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari. È una bella discussione giuridica di scuola, ma che potrebbe avvenire nel concreto dell’aula di giustizia se il difensore dei cinque imputati, l’avvocato Giovanni Merola, ritenesse nella sua strategia processuale in sede di eccezioni preliminari chiedere l’annullamento del decreto di citazione a giudizio non avendo il Pubblico ministero reiterato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari nonostante – citiamo dalla rivista “Giurisprudenza di merito” – “l’ulteriore attività investigativa abbia comportato una integrazione degli elementi probatori a carico dell’indagato”. Nel caso l’eccezione fosse davvero proposta dall’avvocato Giovanni Merola e fosse accolta dal giudice Linda Comella con l’annullamento del decreto di citazione a giudizio, il procedimento ritornerebbe all’inizio, con la restituzione degli atti al Pubblico ministero. E in quella sede i cinque giovani potrebbero articolare nuovamente la loro difesa con tutte le carte a disposizione, rilevando eventuali contraddizioni nelle due diverse informative della Polizia giudiziaria e chiedendo al Pubblico ministero dottoressa Patrizia Dongiacomo (valoroso magistrato) di presentare richiesta di archiviazione del procedimento penale.

Va aggiunta una considerazione. È ovvio che la Polizia giudiziaria insisterà nel dire che il “corteo itinerante” c’è stato; gli indagati diranno che non è vero. Ma è naturale che gli imputati non possono essere processati per il “corteo itinerante” senza avere avuto la possibilità di potersi difendere dall’accusa fin dal momento dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, essendo tale presunto “corteo” spuntato solo successivamente dalle nuove carte della Polizia di Stato.

Concludiamo dicendo che la nostra potrebbe rivelarsi solo una disquisizione accademica, di scuola, senza concreto ancoraggio alla realtà processuale, qualora l’avvocato difensore ritenesse di voler entrare subito nel merito e di non formulare l’eccezione preliminare (che, se accolta, con l’annullamento del decreto di citazione a giudizio e con la conseguente restituzione degli atti al Pubblico ministero, farebbe guadagnare molto tempo utile allo studio delle carte). Ma il tema del diritto di difesa è per noi talmente importante che abbiamo ritenuto di informare i nostri affezionati lettori dell’udienza del 16 ottobre 2014 e della possibilità che diventi l’occasione per una decisione di rilevanza nazionale.

dal-sito-Camera-penale-Napoli

Rosa Parchi

DIRITTO DI DIFESA GARANTITO DALLA COSTITUZIONE: UN CASO DI RILEVANZA NAZIONALE IN UN PROCESSO A CARICO DEI GIOVANI DEL CENTRO SOCIALE “TEMPO ROSSO” – RIFLETTORI PUNTATI SULLA PRIMA UDIENZA DEL 16 OTTOBRE 2014ultima modifica: 2014-10-15T19:05:05+02:00da davidema2
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